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Le problematiche legate al sonno e all’addormentamento del proprio figlio, sono una delle difficoltà maggiormente riferite dai genitori, soprattutto nel periodo dell’età scolare.

Molto spesso capita che i genitori si presentino in studio e riferiscano delle problematiche legate all’andare a dormire o di alcune specifiche difficoltà nell’addormentarsi che condizionano il genitore ad una costante ed inevitabile presenza, necessaria per la riuscita dell’addormentamento del proprio figlio.

In letteratura si riscontra che i problemi di inizio e mantenimento del sonno sono comuni e si stima una prevalenza del 20%-30% durante tutta la prima infanzia.

L’attuale classificazione dei Disturbi del sonno ICSD3 li suddivide in sette specifiche categorie, e fra queste una delle più riscontrate è quella relativa all’Insonnia.  Quest’ultima si caratterizza per la presenza di problematiche associate all’addormentamento, risvegli notturni frequenti, risveglio anticipato al mattino o, più spesso, da una combinazione di tutte queste difficoltà presenti con una frequenza di tre o più notti a settimana (D. Coradeschi; A. Devoto).

È molto importante che tale difficoltà venga seriamente presa in considerazione poiché le conseguenze hanno un rovescio negativo sullo sviluppo cognitivo, sulla regolazione dell’umore, sull’attenzione, sul comportamento e sulla qualità della vita in generale del bambino. Non va trascurata anche la ricaduta sulla qualità di vita di tutta la famiglia e di conseguenza anche sulle prestazioni lavorative dei genitori.

 Molteplici possono essere lecauseimplicate nei fattori legati all’insonnia, da quelli di tipo organico a fattori di tipo genetico (come l’ipertiroidismo, per i quali è necessario eseguire una consultazione medica), fattori legati all’alimentazione (assunzione di cibi tropo ricchi di calorie), problematiche psicosociali (sintomi di depressione o ansia generalizzata) fino alle patologie legate alla relazione genitore-bambino (e.g. Lam et al. 2003).

Vi sono condizioni dove il bambino apprende ad addormentarsi solo in presenza di una specifica condizione (oggetti come pupazzi o la presenza di una figura genitoriale) e deve ripristinare la medesima condizione per potersi riaddormentare dopo un risveglio notturno (in assenza di ansia sottostante o paure specifiche). In altre circostanze vi è una resistenza alla disposizione a letto secondo orari appropriati e/o difficoltà a dormire senza l’intervento del genitore. In genere, questo problema si manifesta quando i limiti imposti dai genitori sono troppo pochi o posti in modo incoerente e imprevedibili (e.g. Tikotsky e Sadeh 2010), per questo motivo alcune volte è necessario rivolgersi ad uno specialista del settore che possa meglio aiutare e intervenire con i genitori che si trovano in questa situazione.  

Alcuni studi longitudinali hanno suggerito una possibile associazione tra i disturbi del sonno e una manifestazione precoce e iniziale dell’ADHD.  I dati riportano come la persistenza dei disturbi del sonno possano incidere sull’insorgenza dell’ADHD. (S.Milano, Evidence Based Psychiatric Care). Questo perché la perdita di sonno, si correla non soltanto alla riduzione della durata, ma anche alla frammentazione del sonno stesso che si ripercuote successivamente sulla memoria, sul controllo inibitorio, sulla flessibilità cognitiva e sulla sfera affettiva; tutti elementi riscontrabili anche all’interno del deficit attentivo.  

In età adolescenziale, invece, vi sono caratteristiche di manifestazione differenti a causa del cambiamento di abitudini sociali, come la tendenza ad andare a dormire più tardi. L’insonnia in questi casi è strettamente legata ad una cattiva igiene del sonno, che può comportare diversi problemi tra cui l’inversione del ritmo sonno-veglia, eccessiva sonnolenza o iperattività, deprivazione di sonno, problemi a scuola e difficoltà nel rapporto con i coetanei. La deprivazione da sonno si manifesta durante la settimana scolastica, mentre durante il fine settimana è permesso dormire più liberamente contribuendo però indirettamente a mantenere una difficoltà nell’addormentamento.  Un altro aspetto a determinare l’insonnia è anche l’attivazione cognitiva associata all’uso dei dispositivi tecnologici che può chiaramente incidere sui fattori dell’insonnia determinando un inevitabile cambiamento nelle abitudini.

Tutte queste situazioni, se trascurate, con l’età adulta possono presentare uno stato di cronicità tale da incrementare uno stato di vulnerabilità per lo sviluppo di disturbi psicopatologici, incidenti sul lavoro, assenteismo, aumento dell’assunzione di alcol e una generale riduzione della qualità della vita.

In conclusione, è fondamentale eseguire un accertamento clinico precoce non solo per migliorare il sonno notturno e il benessere diurno del bambino, ma anche per alleviare gli effetti negativi riversabili inevitabilmente anche sul contesto famigliare. L’intervento psicologico in età evolutiva si declina in base all’età e allo stadio di sviluppo del bambino in modo da essere maggiormente strutturato e focalizzato in base alle necessità del bambino.

Dott.ssa Borile Elena Carlotta, Psicologa