Il fenomeno del bullismo venne studiato da Olweus negli anni ’70, a partire da situazioni problematiche che si erano create nelle scuole scandinave e che in poco tempo si diffusero in tutto il mondo. Oggi il bullismo viene definito come “Il fenomeno delle prepotenze perpetrate da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei soprattutto in ambito scolastico”.

Per parlare di vero bullismo è necessario che i comportamenti siano reiterati nel tempo e che i ruoli di vittima e carnefice siano ben definiti. E’ all’interno di questo contesto che si colloca il cyberbullismo.

Il cyberbullismo è una nuova e più sottile forma di bullismo, definito come la ripetizione intenzionale di atti aggressivi tra un perpetuatore e una vittima, all’interno di una relazione sbilanciata di potere, tramite tecnologie di comunicazione (Kowalski et al., 2014). Si può definire cyberbullismo, infatti, l’uso delle nuove tecnologie per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone.

Le caratteristiche specifiche del cyberbullismo sono (Mura et al., 2012) anonimati, pervasività e diffusione.

Il “bullo” può, infatti, nascondersi dietro uno schermo, umiliare la vittima e divulgare materiale offensivo ad un vasto pubblico e in modo anonimo (disinibizione); la vittima è perennemente a rischio di bullismo vista la presenza di dispositivi sempre connessi e, una volta che un messaggio o una foto sono stati inviati via e-mail o chat o postata su un sito, è molto difficile eliminarne traccia definitivamente.

In uno studio condotto Kowalski, Limber & McCord (2018), gli autori sottolineano come tra le conseguenze più comuni del cyberbullismo sulla salute mentale vi siano problematiche nella regolazione emotiva, comportamentale, riduzione dell’autostima e uso di sostanze.

Le conseguenze psicologiche per le vittime di questi attacchi possono essere estremamente dolorose, con effetti anche gravi sull’autostima, sulle capacità socio-affettive, sul senso di autoefficacia e sull’identità personale. Possono riscontrarsi anche difficoltà scolastiche, ansia, depressione, sintomi somatici e, nei casi più estremi, idee suicidarie (Sposini, 2014).

Negli ultimi anni i social network e il canale youtube hanno radicalmente modificato l’approccio al mondo di internet, che una volta veniva utilizzato soprattutto come canale di conoscenza e di approfondimento. Ciò a cui abbiamo assistito è la nascita di un mondo parallelo, che segue leggi proprie della comunicazione umana, che altera i confini della propria identità e stravolge le norme etiche che una volta regolavano la riservatezza e il rispetto della privacy, propria e altrui. Nel mondo dei social network tutto è immediato quanto immutabile, e se non si conoscono i suoi lati oscuri ci si può ritrovare facilmente intrappolati nelle sue dinamiche, nel ruolo di vittima o di carnefice.

Di fronte a questi pericoli tendenzialmente sottovalutati, i ragazzi si trovano spesso impreparati e ingenuamente vulnerabili e indifesi.

Ecco perché è importante tutelare i propri figli. In questi anni, dove la tecnologia è parte integrante della vita di bambini, ragazzi e adulti il modo migliore per tutelare i propri figli è informarli, illustrando loro nella quotidianità le potenziali trappole della rete prendendo spunto da un fatto di cronaca o dalla visione condivisa di un film. Non demonizzare, ma invitare ad avere uno sguardo critico verso i molteplici utilizzi possibili, conformi e non, del web. Prendersi cura dei propri figli, non significa solo fare attenzione all’eventuale espressione di particolari disagi, ma è importante anche tutto ciò che i genitori possono fare di positivo per loro; ad esempio, giocare con i propri bambini, aiutarli a esprimere desideri e preoccupazioni e a coltivare insieme le loro passioni.

 

BIBLIOGRAFIA

Casadei, I., Bilotto, A. (2014). Genitori sociali ai tempi di facebook e whatsapp. Gestire opportunità e rischi delle nuove tecnologie. Red Edizioni.