Il termine “bullismo” è utilizzato per designare un insieme di comportamenti in cui qualcuno ripetutamente fa o dice cose per prevaricare o dominare un’altra persona. Vi è quindi l’intenzionalità di far male, danneggiare.

Esso si verifica in modo intenso, continuativo, e la persona che fa del male cerca di assumere il controllo dell’altro. Vi è pertanto uno squilibrio di forze e significativi effetti negativi (relazioni, reputazione, sentimenti..). Le principali caratteristiche quindi che permettono di definire un episodio con l’etichetta “bullismo” sono l’intenzionalità del comportamento agito, la sistematicità delle azioni e l’asimmetria di potere tra vittima e persecutore.

Può essere di tipo fisico (colpire, strattonare, picchiare, sottrarre oggetti, danneggiarli, impedire a qualcuno di muoversi), verbale (insultare, umiliare, deridere in modo ripetuto, indirizzare mormorii alle spalle, esprimere minacce ed intimidazioni), sociale e relazionale (minare e manipolare le relazioni interpersonali, distruggere la reputazione con pettegolezzi, diffondere notizie sgradevoli, escludere da un gruppo, scrivere graffiti minacciosi).

Esistono alcune differenze  di genere: i maschi mettono in atto prevalentemente azioni di bullismo fisico e verbale, colpendo indifferentemente sia maschi che femmine; le femmine utilizzano forme di bullismo perlopiù sociale e relazionale prendendo di mira principalmente altre coetanee femmine, con una prevalenza di episodi di diffusione di informazioni false o cattive sul loro conto.

Essere coinvolti frequentemente nel fenomeno, come bulli o come vittime, produce numerosi effetti negativi a breve e lungo termine sulla salute e sul benessere fisico e psicologico degli individui. Variabili importanti sono la durata e la gravità delle prepotenze.

Alcune conseguenze per le vittime sono relative ad una maggiore incidenza di sintomi somatici quali mal di pancia, disturbi del sonno, mal di testa, alti livelli di ansia, difficoltà a concentrarsi, bassa autostima e autoefficacia in diverse aree, vissuti di significativa tristezza, solitudine, paura di andare a scuola, abbandono scolastico.

Alcune conseguenze per i bulli sono relative alla presenza di alcuni sintomi somatici, abbandono scolastico, possibile abuso di sostanze.

Vi sono diverse figure coinvolte: il bullo leader è l’ideatore delle prepotenze, i gregari partecipano alle prepotenze sotto la guida del bullo, i sostenitori sono coloro che assistono senza prendere parte all’azione sostenendola ad esempio con incitamenti, risolini e via di seguito. Essi contribuiscono a determinare il fenomeno, aggravando la situazione della vittima e costruendo aspettative di ruolo verso i bulli.

Talvolta i ragazzini non riferiscono ai genitori o ad altri coetanei delle prepotenze di cui sono oggetto perché temono che gli adulti non facciano nulla o peggiorino la situazione, non vogliono ‘fare la spia’ o ‘tradire i compagni’, provano vissuti di imbarazzo, vergogna o non vogliono che i genitori si preoccupino per loro.

Ci sono varie indicazioni qualora ci si trovasse nella situazione di essere vittima o spettatore di prepotenze: parlarne con un adulto, incoraggiare chi sta subendo la prepotenza di un bullo a parlarne con gli insegnanti o i genitori, consigliare a chi ha visto qualcuno fare il bullo con un altro di raccontare tutto agli insegnanti, ad un amico, o chiedere che qualcuno venga a scuola a parlare del bullismo e spiegare come affrontarlo. A volte risulta importante anche tenere un diario scrivendo quello che sta succedendo, usando molti dettagli per descrivere la situazione, i pensieri e le emozioni.

 

Bibliografia:
Di Pietro M., Dacomo M. (2005). Fanno i bulli, ce l’hanno con me. Manuale di autodifesa positiva per gli alunni. Ed. Erickson
Allan L. Beane (2010). Il metodo antibullo. Proteggere i bambini e aiutarli a difendersi. Ed. Erickson
Zanetti M.A. (2007). L’alfabeto dei bulli: prevenire relazioni aggressive nella scuola. Ed. Erickson